Il metodo THD - Curare le emorroidi con la chirurgia mini invasiva Stampa

 

La patologia emorroidaria è di gran lunga la patologia di interesse proctologico più diffusa al mondo.
Si stima che nei paesi industrializzati più del 50% della popolazione al di sopra dei cinquant'anni soffra o abbia sofferto dei sintomi legati alla patologia emorroidaria.
Il notevole aggravio dei costi sociali, di quelli farmacologici e igienico-alimentari, oltre  alla considerevole diffusione e  frequenza della  morbosità, induce, da sempre, la comunità colonproctologica a focalizzare l'interesse, diagnostico, fisiopatologico e terapeutico, sulla malattia emorroidaria.
Le emorroidi sono strutture fibrovascolari normalmente presenti all'apice del canale anale superiore.

Ricoprono pressocchè completamente i 360 gradi della sottomucosa rettale, sono dotate di shunt artero-venosi che le donano caratteristiche sinusoidali, e sono mantenute in sede da legamenti fibrosi teso-elastici. La capacità delle suddette strutture di gonfiarsi e sgonfiarsi con la pressione sanguigna fa si che esse partecipino in modo determinante sia i meccanismi della continenza (soprattutto per liquidi e gas) sia quelli della defecazione.
Nonostante la  recente comprensione e chiarificazione di alcuni meccanismi fiopatologici che sembrano essere presenti nella patologia emorroidaria, quali quelli della teoria unitaria del prolasso, esiste un ampio spettro di pazienti (soprattutto nell'universo maschile) il cui specifico ed il ristretto corteo sintomatologico (dolore e sanguinamento) è, pressoché indiscutibilmente, associabile ad un danno esclusivamente emorroidario.
Tale danno risulterebbe totalmente indipendente dalla coesistenza di un  prolasso  mucoso rettale e riconoscerebbe, tra le cause determinanti, l'iperafflusso al tessuto emorroidario che, aumentando di volume, nel corso della defecazione, prolassa, diviene sede di ematomi e comincia a sanguinare o ad essere particolarmente dolente in caso di trombizzazione.

Su tale presupposto fisiopatologico si fonda una delle tecniche chirurgiche moderne allo stato più utilizzate. Recentemente revisionata ed ammodernata rispetto alla descrizione originaria del 1995 di Morinaga; scientificamente comprovata, la metodica della dearterializzazione emorroidaria si sta diffondendo nella comunità colonproctologica internazionale.

Le ultime innovazioni tecnologiche ed ideazioni quali l'ausilio doppler e la possibile/discrezionale proctomucopessia, fanno si che la metodica THD (Transanal Hemorrhoidal Dearterialization), a nostro avviso e per casi selezionati, rappresenti la metodica di scelta per la malattia emorroidaria; da preferire, in definitiva,  alle tecniche chirurgiche tradizionali.
La metodica THD rappresenta un approccio mininvasivo con sensibile riduzione del dolore cronico/ incoercibile post-operatorio: i rami dell'arteria emorroidaria superiore vengono individuati tramite guida doppler e successivamente legati per ridurre l'afflusso sanguigno ai cuscinetti emorroidari stessi.

L'ausilio doppler consente di individuare i rami emorroidari più sofferenti mentre la legatura con punto transfisso e la successiva mucopessia determinano una completa deartrializzazione e la riduzione dell'esiguo prolasso mucoso generalmente concomitante. Nonostante le ristrette indicazione alla procedura, la ripresa della fisiologica attività defecatoria e le normali funzioni del canale anale vengono garantite da sequele post-operatorie sopportabili e da complicanze rare, limitate e di facile risoluzione. Inoltre, essendo tale tecnica non resettiva, non prevedendo asportazione di tessuto, il dolore postoperatorio, seppur  presente ed inevitabile risulta facilmente controllabile con analgesici periferici. Il ritorno alle attività lavorative e ricreative risulta ottenibile in circa sette giorni.
Grazie alla limitata invasività, il metodo THD, può essere adottato anche in pazienti con comorbilità importanti ed invalidanti oltre a quelli già sottoposti a chirurgia ano-rettale.

La restaurazione ad integrum delle complesse strutture anatomo-istologiche che albergano il canale inguinale, dopo alcune settimane dall'intervento, consentono la ripresa delle attività sportive ( bicicletta e corsa) e sessuali, oltre alla possibilità di essere sottoposti ad altri interventi nella medesima regione.

 

 

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