La Rettocolite Ulcerosa Stampa

La rettocolite ulcerosa  e’ una malattia che interessa l'apparato digerente e rientra tra le "malattie infiammatorie croniche intestinali". L’infiammazione cronica, manifestazione principale e determinante della patologia, coinvolge sempre il colon e si localizza nel tratto terminale ovvero nella porzione retto-sigma. La si definisce proctite quando l' infiammazione e’ soltanto localizzata al retto-sigma, colite sinistra quando l' infiammazione colpisce  il colon discendente e colite totale quando tutto il colon e’ coinvolto.
Come si manifesta, come riconoscerla?

Il sintomo guida e’ la radicale modificazione dell'alvo, ovvero scariche diarroiche  con feci miste a sangue e muco, che sono tanto piu’ frequenti quanto piu’ severa è la malattia.  Infatti la colite ulcerosa può esordire in forma lieve ma anche con un attacco acuto particolarmente grave. Nei casi  di proctite può comparire anche un quadro di stipsi.
Altri sintomi possono essere febbre, aumento della frequenza cardiaca (tachicardia), anemia, perdita di forze e di appetito, diminuzione delle proteine circolanti e squilibrio di importanti sostanze come potassio, sodio e cloro. Insomma, tutto l'organismo entra in sofferenza.

Come diagnosticare la colite ulcerosa?
La diagnosi è posta quando sono riconosciute alcune condizioni: dimostrazione dell’ infiammazione a livello rettale;  esclusione di agenti patogeni diversi e di sostante iatrogene, quali gli antinfiammatori non steroidei, un' infezione o altro agente fisico o chimico; è infine  necessario essere sicuri che l'infiammazione sia persistente e protratta.

A tal proposito è richiesto esame endoscopico, condotto almeno fino al sigma,  eseguibile con  sigmoidoscopio flessibile o rigido. Con questo strumento si visualizza palesemente la mucosa  infiammata ed, eventualmente il tipo di lesioni. E’ inoltre possibile eseguire biopsie mirate della mucosa. L'esame istologico confermerà l’eventuale  presenza, e, quando possibile, il tipo di infiammazione. Se alla sigmoidoscopia sono  ben delimitati i confini delle lesioni  (se si vede che non vanno al di là del sigma), si può evitare la pancolonscopia. In caso contrario quest'ultimo esame e’ necessario per stabilire  altre localizzazioni, definendo cosi’, anche l' intera estensione dell'infiammazione. In alternativa si può ricorrere all' esame radiologico, il clisma opaco a doppio contrasto e in taluni casi anche all' ecografia. Per il completamento dell’iter ediagnostico sono fondamentali la ricerca di parassiti e di altri agenti infettivi nelle feci nonché il prelievo di sangue per escludere la presenza di infezioni recenti.  La biopsia inoltre è  di aiuto nell’ identificare la natura dell' infiammazione. Nel caso della colite ulcerosa la lesione cronica si autorigenera nel tempo.

Come si cura la colite ulcerosa?
Possiamo sostenere, con buona certezza, che la malattia, oggi, viene curata in modo ben definito, sicuro ed affidabile: l'esperienza accumulata in questi anni, grazie anche a continui scambi di informazioni e di risultati ottenuti con questo o quel farmaco, tra esperti di tutto il mondo, ha fatto si’ che siano stati messi a punto protocolli farmacologici comprovati per le varie fasi della malattia. Si possono evitare cosi’ le gravi complicanze degli attacchi acuti, che nel passato potevano anche condurre all’exitus del paziente. Anche l’indicazione chirurgica è divenuta col passare del tempo e con l’importante contributo scientifico molto piu’ circoscritta e ben definita. La prevenzione invece è da attuarsi nei modi e nei tempi giusti in modo differente nella fase acuta e nelle recidive.
Come si cura la fase acuta?

Nel caso che la malattia esordisca con un attacco severo, vale a dire con piu’ di sei scariche giornaliere feci muco- sanguinolente e disturbi generali, occorre sempre il ricovero in ospedale. Qui gli specialisti sottopongono il malato ad un trattamento intensivo, con alte dosi di cortisone, della durata di circa 7-10 giorni. E’ necessario anche un adeguato apporto di liquidi, plasma ed elettroliti, nonché sostanze ad alto contenuto calorico.

In oltre la metà dei casi (dal 50 al 70 per cento) la risposta e’ molto buona scongiurando cosi’  l'intervento chirurgico ed azzerando il rischio  mortalità. Tra le proposte farmacologiche di quest' ultimo periodo, per la fase acuta va segnalata la possibilita’ di usare anche farmaci immunosoppressori, come la ciclosporina (sempre sotto stretto controllo medico).

Come si curano gli attacchi lievi o moderati?
In queste forme le scariche non superano  le 5-6 al giorno. La malattia è generalmente limitata al retto- sigma (con massima estensione al  colon  sinistro); qui rispetto al passato c'e’ stata una vera rivoluzione terapeutica che ha messo in secondo piano la somministrazione di cortisone per bocca e per via sistemica. Si privilegia il trattamento locale, ovvero l'uso di farmaci somministrati per via rettale. Primi tra tutti i clismi, quindi le supposte, e recentemente, preparazioni a base di schiuma.

Il principio attivo piu’ utilizzato e’ il 5-ASA, ovvero la parte attiva della molecola salazopirina, che agisce localmente sulla mucosa del colon. Questo nuovo indirizzo terapeutico, offre  la possibilita’ di controllare gli attacchi almeno nell' 80-90 per cento dei casi destinando cosi’ al trattamento cortisonico per via sistemica solo una piccola percentuale di pazienti (non oltre il 15 per cento). Va aggiunto pero’ che un piccolo gruppo di pazienti, quelli con colite distale refrattaria, puo’ non rispondere a questa terapia "standard". In questi casi si opta per la somministrazione contemporanea di cortisone e 5-ASA o di immnunosoppressori o per l' impiego protratto nel tempo di 5-ASA.

Come si prevengono le ricadute?
Anche qui c'e’ stato un vero e proprio affinamento terapeutico. La molecola usata nel passato, ovvero la salazopirina, che si era dimostrata in grado di prevenire le ricadute della malattia, ma che aveva numerosi effetti collaterali, è stata sostituita dalla nuova generazione di composti, costituiti appunto dalla sua parte attiva, ovvero il 5-ASA. Si tratta di preparazioni che, assunte per bocca, liberano il principio attivo soltanto dove e’ effettivamente utile, cioè nel colon. Tutto questo ha contribuito a curare meglio e con maggiore sicurezza per lunghi periodi la stragrande maggioranza dei pazienti con colite ulcerosa.

E l' intervento chirurgico?
L'indicazione chirurgica è destinata ai casi di fallimento della terapia medica, nelle forme severe, oppure come scelta terapeutica nel caso di impoverimento della qualità di vita o scarsa risposta alla terapia medica. Non va piu’ vissuto, comunque, come un evento drammatico in quanto, grazie ai perfezionamenti della tecnica chirurgica, deve essere considerato come un valido strumento terapeutico in grado di eliminare la malattia.

L'intervento chirurgico puo’ essere effettuato secondo una tecnica tradizionale, cioe’ anastomosi ileo-retto che, come e’ ben comprensibile dalla parola, prevede l' asportazione del colon malato e l'abboccamento dell'ileo con un piccolo tratto residuo di retto. Siccome il retto e’ la porzione di intestino sempre colpita, e’ ovvio che si debba continuare per lunghi periodi con terapie locali e controllo della mucosa rettale.

L'altro intervento, di piu’ recente introduzione, consiste, invece, nella ricostruzione di una nuova ampolla rettale con l'intestino tenue, mediante il suo abboccamento con il margine anale (anastomosi ileo-ano). Quest'ultimo intervento presenta il vantaggio di favorire l'eliminazione di ogni area affetta da malattia anche se una percentuale fortunatamente piccola di pazienti puo’ sviluppare una nuova condizione flogistica della nuova ampolla (pouchite).
Questo quadro, tuttavia, viene comunque ben controllato da un modesto approccio di terapia medica.

C' e’ rischio di cancro?
Questo problema e’ stato probabilmente  enfatizzato negli anni passati:
si riportavano  dati riferiti a casistiche caratterizzate dall'osservazione dei malati clinicamente piu’ compromessi. Negli ultimi studi compiuti su una popolazione malata, si e’ visto che il problema e’ di poco superiore a quello della popolazione di controllo, non affetta dalla malattia. Negli anni passati sono stati suggeriti o eseguiti dei controlli periodici con colonscopie e biopsie.

La loro efficacia per la prevenzione della displasia grave, quadro preneoplasico, sembra oggetto di discussioni. Probabilmente l'incidenza di forme tumorali si e’ notevolmente ridimensionata in quanto si cura sempre piu’ e meglio il paziente. Le cure mediche, infatti, riducono il numero degli attacchi e la loro severità e, probabilmente, viene cosi’ ridotto lo stimolo indotto dall' infiammazione. L'intervento chirurgico elimina poi quelle situazioni considerate a rischio, quali l' insorgenza in eta’ giovanile, le forme molto attive estese e spesso recidivanti. Ecco perche’ in alcuni studi il problema della degenerazione maligna viene ritenuto simile a quello della popolazione generale.

 

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